fiorentina giannotta
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Maurizio Vitiello in "Arte e Società" |
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Ghislain Mayaud in "CALABRIA Focus sull’arte contemporanea" a cura di Enzo Le Pera, Gianluca Covelli, Ghislain Mayaud. Commento critico-poetico alle opere © 2019 - Grafiche RUBBETTINO Srl |
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Zachary W. of Fremont Mi piaci così come sei La poesia rimbalza oltre le miserie che nascondono l’essere, la conquista dell’armonia si svolge con l’anima genuina del bambino. L’energia dell’amore attraversa i fiumi della materica melanconia per penetrare sulla terraferma del dipinto. Due inaspettate rive accolgono e stringono la passione: la pittura e la scrittura. Un dolce "mi piaci cosi come sei" entra pienamente nel territorio dell’atto poetico. Fuggire dal pensiero meccanico, preordinato, è indispensabile per penetrare i luoghi dell’arte e vivere in pieno tutte le stanze poetiche del possibile. |
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Francesca Anili Quando il volto diventa “face”: la pittura di Fiorentina Giannotta |
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Nell’atelier di Fiorentina aleggia un odore acre da officina meccanica. Barattoli di acrilici e tele di grandi dimensioni – alcune imponenti- danno la percezione del lavoro materiale –materico, tattile direi- da cui l’artista distilla le sue atmosfere. C’è un mondo, dentro queste tele accatastate, un mondo di volti, di storie, di Storia i cui personaggi si distaccano dal proprio tempo per immergersi negli sfondi giocosi, surreali e floreali, in cui l’artista li fa rivivere. Ci sono santi, conti, infante di Spagna, vicerè. E poi gente comune, trasfigurata dalla vestizione settecentesca e dagli sfondi onirici fatti di cuori di croci di slogan da cartellone pubblicitario, di fiori giganteschi e vorticanti. Molteplici sono gli echi ed i riferimenti della pittura di Giannotta, come la sua biografia composita e frammentata. L’infanzia newyorkese, di cui conserva le radici nelle frequenti trasferte e nel gusto ironico dissacratorio, gli studi di architettura a Firenze che ampliano e strutturano la sua formazione artistica, l’attività professionale a Cosenza e nel sud Italia che segna un ritorno alla cultura ed ai colori delle origini. Infine, l’ingresso nel terzo millennio, con la definizione dei topoi della sua pittura: la riscoperta di una dimensione sacrale, con le opere conservate nel museo diocesano di Lecce e con la realizzazione della pala d’altare vincitrice del concorso per la chiesa di Giorgilorio (LE); e, soprattutto, con la focalizzazione sul tema del ritratto. Debitori della gloriosa tradizione rinascimentale e fiamminga, i personaggi di Fiorentina si stagliano impettiti nelle loro mise aristocratiche; a differenza però del nero assoluto degli sfondi fiamminghi e dei paesaggi sfumati e in dissolvenza della tradizione toscana, le sagome dei suoi ritratti vivono in totale sinergia con i decori di fondo. Lo sfondo inviluppa, dà voce e racconto, a volte sovrasta per dimensioni e cromatismi le figure dipinte. C’è una sorta di horror vacui, come nella pittura immaginifica di Klimt e nella più lontana tradizione gotica e barocca, che porta la pittrice a riempire gli spazi senza gerarchia di piani o di scala. Il risultato è un delirio onirico di matrice surrealista, da cui solo lo sguardo dei personaggi si distacca, a volte distratto, a volte diretto, come a stabilire un difficile contatto con l’osservatore. Emerge, in questa raffigurazione dissonante e sospesa, lo straniamento dell’uomo contemporaneo, la sua solitudine lontana dalla nettezza di contorni e piani visivi dell’uomo rinascimentale, il senso di finzione che aleggia, dalle trine e merletti della vestizione alle acconciature acrobatiche e anacronistiche. Nel colore, preso in prestito dall’industria automobilistica, nella sua stesura piatta e nei cromatismi saturi e dissonanti, l’artista riscopre i suoi legami con il luogo di nascita, quella New York da cui la pop art proprio nel ’64, anno di nascita della pittrice, inizia a sconfinare dagli USA alla Biennale di Venezia. Ad una matrice pop appartiene la ricorrenza iconica degli elementi decorativi di fondo, il loro dilagare come protagonisti del quadro, in un mondo dominato dagli oggetti, dai sentimenti esternati o gridati negli slogan. “I love my followers”, “all you need is art”, “mi piaci così come sei”, sono altrettanti hashtag, che emergono decisi dalle immagini di Fiorentina, a raccontarci un mondo dominato dai social, in cui un ritratto altro non è che una foto profilo, un messaggio in bottiglia lanciato a raccontare quello che siamo –o quello che non siamo- nelle evanescenti maglie della rete. |
A pungent smell wafts through Fiorentina’s atelier, as in a mechanical workshop. Cans of acrylics and large canvases – some huge – give the perception of material work – one would say of tactile matter itself - from which the artist distils her atmospheres. There is a world inside these canvases piling up on one another, a world made of faces, stories, of History itself whose characters sublimate from their time to find themselves immersed in playful, surreal and floral backgrounds, in which the artist brings them back to life. There are saints, counts, Spanish infantes, viceroys. And then the common people, cloaked in eighteenth-century attire and steeped in dreamlike backgrounds made of hearts, crosses, catchphrases from billboards, and then massive and swirling flowers.
Many echoes and references perspire from Giannotta’s painting, such as her multi-faceted and fragmented biography. Her childhood in New York, the roots of which are apparent in her frequent travels and irreverent, ironic style; the studies in architecture in Florence which provided structure to her artistic training and expanded it; her professional activity in Cosenza and the South of Italy, marking a return to the culture and colours of her origins. Finally, the entry into the third millennium, with the definition of the topoi of her painting: the rediscovery of a sacred dimension, with the works kept in the diocesan museum of Lecce and with the creation of the altarpiece which won of the competition for the church of Giorgilorio (LE); and, above all, by focussing on the medium of the portrait. Channeling the glorious Renaissance and Flemish tradition, Fiorentina’s characters stand out stiffly in their aristocratic outfits; however, unlike the absolute black of the Flemish backgrounds and the blurred and fading landscapes of the Tuscan tradition, the outlines of her portraits exist in total synergy with the background decorations. The background envelopes, gives voice and narrates, sometimes overwhelming the painted figures in size and chromatic richness. There is a sort of horror vacui, same as in Klimt’s imaginative painting and further back in the Gothic and Baroque traditions, prompting the artist to fill the spaces without any layer or size hierarchy. The result is a dreamlike hallucination of the surrealist mold, from which only the characters’ gaze stands out, sometimes casually, sometimes directly, as if attempting to establish a difficult contact with the observer. In this dissonant and suspended representation there emerges the estrangement of the contemporary human condition, with its solitude, away from the sharply delineated contours and visual planes of the Renaissance man, the sense of affectation that hovers, from the outfits’ frills and lace to the acrobatic and anachronistic hairstyles. Colour is borrowed from the automotive industry, with its flat texture and saturated and dissonant palette; thus the artist rediscovers her birthplace connections, that New York from which in 1964 – the artist’s birthyear - Pop Art begins to radiate out of the US, towards the Venice Biennale. The Pop milieu also perspires in the iconic recurrence of the underlying decorative elements, their taking over as the true protagonists in a painting, in a world dominated by objects, by feelings expressed or shouted in slogans. “I love my followers”, “All you need is art”, “mi piaci così come sei” (“I like you as you are”), are as many hashtags, which come out strongly in Fiorentina’s images to tell us about a world dominated by social media, in which a portrait is but a profile picture, a message in a bottle sent out to express what we are - or what we are not - in the ephemeral mesh of the network. |
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Sofia Vetere | ||||||||||
La percezione dell’insieme è geometrico e cromatico, ma il tratto insiste sulla definizione del particolare che già da solo definisce il tutto. La tela insinua un susseguirsi di dettagli ognuno portatore di dignità, il segno è sapido e sostiene il colore.
Il messaggio è intenso perché radica nel profondo della vis creativa e l’opera non elude il particolare anzi sul particolare insiste. Così l’esposizione si presenta completa in ogni dettaglio, in ogni sua sfumatura molecolare e corpuscolare che accentuano e accendono il cromatismo. La visione del tutto è completa perché non trascura l’apparente insignificante che sulla tela assurge a momento decisivo dell’immagine. Ti trattiene, ti convoca e devi riflettere, induce a sostare perché la conquista della verità passa da sentieri irti, intricati, faticosi, quasi inaccessibili insondabili. Ma la strada della conoscenza non conosce altre vie, è strada maestra, faro e luce. L’artista racconta quel viaggio nella caverna alla conquista della luce, della via d’uscita e non c’è dubbio che il filo d’Arianna sia la sua irremovibile anima che tenace vuole essere restituita a quello stato di grazia che seda, anzi vince ogni inquietudine. Ma c’è anche talento, mestiere, strumenti che si acquisiscono con duro lavoro e impegno, che non pagano e non gratificano se non al servizio della celebrazione dell’uomo in terra. Del sacro che in lui reclama spazio, e incalza e compete contro tutte le avversità che il quotidiano non risparmia. Al meglio si assurge con grande dolore, è una lotta impari fra forze che ci contrastano e non sai mai se sopravviverai, perché già questo basta a colui che non cerca la vittoria, che non ha ingaggiato il conflitto, che non ha aperto le ostilità, ma che sorpreso e candido e incredulo si è trovato nel mezzo di un conflitto con antagonisti come titani. Questo il fascino delle opere, non propongono temi a suon di tromba, ma temi defilati a celebrare magari le Myricae come è nel costume popolare di accumulare santini o celebrare i fasti della nobiltà, ambiti entrambi dai quali ci si sente esclusi ma nei quali Fiorentina Giannotta ci ricolloca d’imperio. Quella luce che irradia dai quadri è nostra perché l’artista che possiede nel cuore un forziere di gemme accecanti per noi lo svuota e ce ne fa dono. |
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Giorgio di Genova Catalogo alla v edizione del premio internazionale LIMEN 2013 / pag 74 / EDIZIONI Rubbettino 2013 |
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… alla complessità di Fiorentina Giannotta che si abbandona all’esuberanza del suo temperamento grafico nel mettere in scena un infiorettatissimo spazio il dandy Phil of B., con tanto di fascia, quasi fosse il sindaco del paese dell’amore, come suggeriscono i cuori che volano quasi fossero api tra i fiori. | … the complexity of Fiorentina Giannotta who abandons the exuberance of his temperament in the graphic to stage a space squiggles and swirls of the dandy Phil B, complete with a band, like the mayor of the town of love, as suggested by the flying hearts almost like bees among the flowers. | |||||||||
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Franco Flaccavento, dicembre 2012 | ||||||||||
Il pop fantastico-ornamentale di Fiorentina Giannotta Il primo impatto con i dipinti di Fiorentina Giannotta provoca un senso di smarrimento derivante da una vera e propria saturazione grafico-cromatica della superficie del quadro. L’horror vacui sembra preoccupare la pittrice, che organizza composizioni ornamentali in tutta l’estensione della superficie, come un “sistema decorativo” che non concede spazi vuoti. Questa prima impressione, però, è presto superata e in un secondo grado di lettura lo sguardo del fruitore comincia a decodificare per gradi il testo pittorico, a comprenderne i significati. L’intento della pittrice sembra perseguire una ricerca del disegno per via interna, tendente a privilegiare fra gli elementi espressivi la linea e i valori cromatici di superficie, in una “organicità”che genera coincidenze tra decorazione e costruzione dei personaggi rappresentati. I quali, che si tratti di persone vicine all’autrice o personaggi storici, o insoliti personaggi inventati dalla sua fervida immaginazione, indossano paludamenti sontuosi e riccamente decorati, sì da determinare una “osmosi” tra lo sfondo e l’immagine raffigurata. Disegnati con ironica fantasia i personaggi hanno un carattere che ricorda vagamente alcune immagini dell’arte bizantina. Il tutto, però, traslato in una sorta di pop-fantastico-ornamentale, dove l’ornamento si affranca della cifra kitch e, come ci ricorda Gadamer, “assume lo statuto di arte in quanto costituzione estetica che rimanda simbolicamente oltre sé stesso e, notificando la propria presenza attrae a sé e nello stesso tempo distrae da sé. Questo carattere duplice del decorativismo lo ritroviamo nell’ornamentazione”. Ora, se un’opera d’arte è valutabile nei suoi valori visivi, cade naturalmente ogni distinzione tra arte "pura" o “di concetto” e arte "decorativa" o “applicata”. L’ironica consapevolezza che la Giannotta infonde ai suoi lavori è qualcosa che ha a che fare, in tempi di crisi qual è la nostra, con la consapevolezza della lenta ed ineluttabile decadenza della società e del suo tramonto storico, che associa l’arte del bello precario a quello della decadenza. Forse non è peregrino pensare che il lavoro della Giannotta è animato dallo stesso spirito che animava gli artisti di fin de siècle. |
Fiorentina Giannotta’s fantastic-ornamental pop First impact with Fiorentina Giannotta’s painting causes a sense of loss, resulting from true-color graphic saturation of the painting’s surface. The “horror vacui” seem to worry the painter, who organizes ornamental compositions in the whole extent of the surface as a “decorative system” that does not allow for empty spaces. First impression, however, is soon overcome and in the second level of interpretation, the eye of viewer begins to decode the pictorial text, step by step, to understand its meaning. The artist’s intention seems to persue internal research design, tending to favor between expressive elements, line and color values of the surface, in “organic” that generates connections between decoration and construction of the represented characters. In which case, whether it be people close to the artist or historical figures or unusual characters, invented by her imagination, wearing sumptuous and richly decorated cloaks, so as to cause an “osmosis” between the background and the depicted image. Designed with ironic imagination, the characters have a personality that vaguely resemble some pictures of Byzantine art. All this, however, translated into a kind of fantastic-ornamental-pop, where the ornament breaks free of the kitsch figure and, as Gadamer reminds us, ”takes on art status as its aesthetic constitution that refers, symbolically, over the “self” and by notifying of its presence, attracts to itself and at the same time, distracting from itself. This dual character of the decorative is found in the ornamentation". Now, if artwork is valued for its visual values, any distinction between “pure” or “conceptual” art and “decorative” or “applied” art breaks down. The ironic awareness that Giannotta infuses into her work, is something that applies in times of crisis such as ours, with the slow consciousness and inevitable decline of society and its historical setting, which connects art of the precarious to that of decay. Perhaps it is not strange to think that Giannotta’s work is animated by the same spirit which inspired “fin de siècle” artists. |
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Gianfranco Labrosciano, dicembre 2012 | ||||||||||
Una svagata consistenza iconica permea le opere
di questa artista, ironiche e fumettistiche, quasi si trattasse di una
sorta di pop rovesciato, di arte popolare rivolta però non al banale ma
al grazioso, all’esuberanza del giardino fiorito, all’enigma del fiore
carico di profumi prelibati che altro non sono, a mio avviso, che
segmenti del modo di essere proprio dell’artista che qui emerge con
tutta la sua carica vitale ed energetica. Un movimento turbinoso le avvolge, come fosse il principio di un motore che elabora incessantemente le immagini per accelerare i processi discorsivi, o trasformare la realtà in una nozione astratta e liberarla in una ricchezza esplorativa capace di surrogarla in una formidabile rappresentazione. Negli spazi paesaggistici di una irreale, infantile innocenza, paiono affastellarsi folletti e fate, autentici principi e regine, personaggi di fiabe e di famosi racconti, e tutti sembrano muoversi con secchi di vernice in labirinti di fiori e progressioni musicali per descrivere, o circoscrivere, in un’aura senza tempo né spazio, il labirinto di un’atmosfera surreale che tutto avvolge e comprende. Un clima accentuato dagli effetti luminosi del colore che, unitamente all’impianto ”floreale” della composizione, proietta lo spettatore nella dimensione ludica di una fascinazione straniante che si offre alla tattilità dello sguardo e apre ad architetture sognanti, misteriose e lontane. I ritratti, inseriti in questi elementi capricciosi, suscitano curiosità in quanto artificiali, quasi a continuare il gioco della natura - o dell’artista – che pare sbeffeggiare o provocare la vanità, o seduzione, in cui si muovono le trame delle vite o delle storie raccontate. Insomma, quasi senza accorgercene passiamo da una condizione di stucchevole semplicità, di naturale familiarità con le opere di Fiorentina Giannotta, a quella di un non troppo facile orizzonte di accesso, e sentiamo che per decifrarle seriamente, queste opere, dovremmo addentrarci davvero, e ben oltre, nell’intricato reticolo del suo giardino fiorito. E così, come il diamante si concretizza nella sua struttura geometrica e nella luce pur rimanendo enigmatico, queste sequenze di fiori semplici e trasparenti sollevano immagini virtuali e inafferrabili, pur rimanendo nella dimensione del gioco e della incantata semplicità del fiore. Direi, allora, che l’arte di Giannotta è la forma gioiosa di un linguaggio inteso a codificare il rapporto enigmatico delle relazioni del mondo, e insieme un tentativo di ritrarre il mondo in una irrealtà mescolata da ambienti reali e artificiali ridistribuiti e disseminati nello spazio fisico di una natura in perenne trasformazione. |
A blurry iconic texture permeates the works of
this artist, ironic and comic, as if it were a sort of inverted pop, of
folk art directed not to the banal but to the graceful, exuberant
blooming garden, to the enigma of the flower loaded with delicious
scents that are nothing more, in my opinion, than that which segments
the artist’s own way of being that emerges here in all its vitality and
energy. A whirling motion surrounds them, like the principle of an engine that processes images continuously to accelerate the discursive processes and transform reality into an abstract notion and release it into a wealth exploratory able to replace it with formidable performance. In the space of unreal landscape, childish innocence, seems to jumble elves and fairies, real princes and queens, famous characters from fairy tales and stories, and they all seem to move with paint buckets in labyrinths of flowers and musical progressions to describe, or limit, in an aura without time or space, the labyrinth of surreal atmosphere that all envelops and all understands. An accentuated atmosphere by color lighting effects which, combined with “floral” plant composition, projects the viewer into a playful dimension of alienating fascination that is offered in visual tactility and opens to architectures that are dreamy, mysterious and remote. The portraits included in these capricious elements, arouse curiosity in as much as it is artificial, as if to continue the game of nature-or artist-that seems to mock or cause vanity, or seduction, where the threads of life or stories told, move. On the whole, almost without realizing it, Fiorentina Giannotta’s works move us from a state of tedious simplicity and natural familiarity to a not so easy horizon access and we feel that to decipher these works seriously, we should really delve and go beyond the intricate lattice of her enchanted garden. And so, like a diamond is expressed in its geometric structure and in light whilst remaining enigmatic, these sequences of simple and transparent flowers raise virtual and elusive images while still remaining in the dimension of the game and in the enchanted simplicity of the flower. I would say then, that Giannotta’s art is a joyful form of language designed to encode the enigmatic relationship of relations in the world and, in addition, an attempt to portray the world in an unreality mixed by real and artificial environments, redistributed and scattered in the physical space of nature in perpetual transformation. |